Il progetto della Defender’s Cup 2029 è stato presentato ieri, e le reazioni non si sono fatte attendere. La competizione, la cui organizzazione è affidata direttamente ai giocatori e non alla NBL, ha segnato una svolta epocale, un vero strappo col passato, suscitando opinioni contrastanti e lasciando dietro di sé non pochi malumori.
Tra i commenti emersi, uno riguarda la disparità che questo torneo comporta, poiché richiede requisiti piuttosto selettivi per accedere alla fase delle European Finals, il passaggio decisivo per aggiudicarsi il trofeo. Le European Finals prenderanno il via nel 2026. Inoltre, forti critiche sono state rivolte al rappresentante dei giocatori, Giovanni Nastasi, che secondo alcuni tesserati avrebbe dovuto vigilare più attentamente e difendere i diritti di tutti.
In serata, Simone Stagnitta ha tenuto una lunga conferenza stampa, nella quale ha snocciolato dati e retroscena dell’organizzazione, mettendo in evidenza le diverse fasi del progetto. Simone ha dedicato una gran parte della conferenza a quello che considera il fiore all’occhiello di questa edizione, ovvero i Challenger Qualifiers: cinque eventi annuali di grande impatto mediatico, caratterizzati da una loro specifica unicità. “Non avevamo alcun obbligo di creare contenuti sportivi per tutti, perché questa è la Defender’s Cup; eppure, lo abbiamo fatto,” ha affermato.
Simone è stato molto schietto e ha analizzato apertamente la situazione: “Siamo partiti da un’idea che avevamo in mente da qualche anno: portare la Briscola in 5 della NBL ufficiale, dal vivo, in giro per il mondo. Abbiamo colto l’occasione e lavorato duramente per realizzarla. Capisco perfettamente che questo livello di partecipazione possa sembrare escludente, ma questo è il contesto della Defender’s Cup. La Defender è un torneo atipico, sopra le parti, indipendente dalla NBL, e dipende solo da chi vince e da chi lo sfida.
A un certo punto, io e Daniele ci siamo detti che sarebbe stato fantastico coinvolgere tutti in modo diverso, specialmente chi non può viaggiare. Così abbiamo deciso di creare qualcosa di incredibile e parallelo. Ho investito ogni energia per dar vita a cinque eventi esclusivi, cinque trofei inediti, ognuno unico e di grande prestigio. Non era richiesto, ma lo abbiamo fatto. Il progetto è venuto talmente bene che io e Daniele abbiamo deciso di partecipare anche noi: questo fa capire quanto crediamo in questa parte del progetto, che comunque porta a una finale e a un piazzamento nella competizione.”
Simone ha poi dovuto rispondere in maniera istituzionale, ricordando cosa sia davvero la Defender’s Cup: “Questo è un torneo che, nel suo spirito più autentico, offre la possibilità di crearsi dei vantaggi; si ispira all’America’s Cup di vela, un torneo dove il vincitore ha storicamente la possibilità di stabilire delle condizioni favorevoli, alimentando ambizione e sfida, e aggiungendo quella drammaticità che rende speciale il tentativo di strappare la coppa al Defender che si è costruito un regolamento su misura. Dispiace che alcuni si siano accorti solo ora che questa coppa funziona così, considerando che in passato gli organizzatori avevano agito con maggiore apertura. Questo va ammesso, ma ritengo sia stato un errore, un errore che ci ha permesso di sottrarre l’organizzazione a Francesco Vecchio.”
Infine, Simone ha risposto anche alle critiche rivolte al Consiglio Federale: “Il Consiglio Federale, in questa fase – ricordo che ha operato in mia assenza – non ha alcun obbligo di negoziare a favore dei giocatori; è una possibilità esercitabile o auspicabile, ma ogni decisione coercitiva deve basarsi esclusivamente sul Defender’s Agreement. Questo documento è superiore alle parti, vale a dire che si impone sia sulla NBL sia sull’organizzazione; è l’unico riferimento da rispettare per poter creare una nuova edizione. Noi, come organizzatori, abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere; pertanto, il Consiglio Federale non ha alcun peso nelle decisioni tecniche e organizzative, che capisco possano disorientare, visto che una cosa del genere non si era mai vista prima.”
Infine, ha affrontato la questione regolamentare riguardante la possibilità di disputare le finali in località meno prestigiose, spiegando la sua posizione: “Ne va della nostra reputazione, soprattutto della mia. Abbiamo previsto delle clausole di salvaguardia, ma queste sono un atto di doverosa attenzione per l’organizzazione; bisogna interpretare questo punto come una cura al dettaglio e non come un sotterfugio. Voglio essere chiarissimo su questo: abbiamo creato questo evento per portare la Briscola in Europa e speriamo nel mondo, nonostante le difficoltà; il nostro obiettivo è New York o Las Vegas per la finale. Se si dovesse svolgere in Sicilia, lascerei immediatamente il mio ruolo per la finale come segno di coerenza, perché a quel punto il progetto si sarebbe rivelato un fallimento.”